With a minimum of distractions—brief snatches of buildings and overhead shots of Juarez aside, Rosi's presence is signalled primarily by the camera's shifting position as it seeks a better vantage, focusing alternatingly on the sicario's notebook, his expressive hands, or stepping back to follow the sicario's re-enactments— and a disquieting matter-of-factness, the "sicario" exposes, in meticulous detail and at an unhalting clip, the inner workings and practices of the Mexican drug cartels that have exacted devastating damage on the country, detailing the extent to which these organizations have maneuvered themselves into positions of control and unimpeachable power through coercion, blackmail, and bribery. Accompanied by a series of simple, childlike illustrations, the directness of the sicario's delivery effectively turns these lurid…

He wears the mask of an executioner that disfigures subtly the way the screen in a confessional does. For a constantly gripping narrative (shot, almost exclusively just of a man talking in a hotel room while drawing and writing in a journal) it really took me aback in those final ten minutes. Our sicario tells his redemption (thanks to Jesus) well, but he doesn't get redemption. NO! He fucking doesn't. He has paid no debt. Writing a book and saying your sorry and found Jesus doesn't suddenly make all that came before okay. You aren't allowed to find peace. The suffering you have caused...

FTR I'm as burn down the fucking prisons and release millions of people from the bondage…

Gianfranco Rosi, in veste di psicoterapeuta con la macchina da presa, decide di far parlare il suo protagonista a ruota libera in un’unica location: la stanza di un motel. Stanza che tra l’altro sarà teatro di ricordi, riflessioni e momenti catartici. Praticamente il confessionale del Grande Fratello. Comunque, la camera fissa in lunghi pianisequenza un misterioso uomo che racconta la sua vita mentre disegna e scrive su un quaderno. Si tratta di un ex narcotrafficante messicano che, adeguatamente velato, spiega i meccanismi e i codici sui quali si fonda la potenza del Cartello per cui lavorava e narra le gesta della sua vita da sicario, tra sequestri, torture violentissime, stupri e omicidi disumani. Quello del sicario è stato un percorso…

Gianfranco Rosi, in veste di psicoterapeuta con la macchina da presa, decide di far parlare il suo protagonista a ruota libera in un’unica location: la stanza di un motel. Stanza che tra l’altro sarà teatro di ricordi, riflessioni e momenti catartici. Praticamente il confessionale del Grande Fratello. Comunque, la camera fissa in lunghi pianisequenza un misterioso uomo che racconta la sua vita mentre disegna e scrive su un quaderno. Si tratta di un ex narcotrafficante messicano che, adeguatamente velato, spiega i meccanismi e i codici sui quali si fonda la potenza del Cartello per cui lavorava e narra le gesta della sua vita da sicario, tra sequestri, torture violentissime, stupri e omicidi disumani. Quello del sicario è stato un percorso…

Crudísimo documental en el que un sicario habla de la estructura del narco en Mexico y su experiencia a las órdenes de un cartel. La narración transcurre en la habitación 164 de un motel de carretera entre la frontera de Estados Unidos y Mexico, donde el entrevistado llegó a realizar alguno de sus trabajos de “levantamiento” (secuestro). El entrevistado, con el rostro cubierto se ayuda de una libreta en la que va ilustrando la manera de proceder y la logística que acompañan a un trabajo bien hecho.

La vida de sicario de este arrepentido transcurría entre drogas, bebida y lujos enajenadores, que lo hacían día a día soportar la brutalidad y drama de su trabajo. Al final del documental explica…